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Il tesoro di Santa Paola

Apologetica

Annichilito si dirige a Catania dove il suo amico, avvocato Alessandro Attanasio, gli consiglia di presentare degli esposti alle più alte cariche dello Stato. Passano i mesi. Solo Strasburgo risponde. L’indignazione aumenta. Lo stralunato Cultrera viene portato a destra e a manca da un ex commissario di Pubblica Sicurezza, tale Valter Beneforti che, prendendo a cuore la sua estraneità alla terribile, infondata e temeraria accusa, lo presenta dapprima al generale dei Carabinieri Francesco Delfino, poi al Dott. Alessandro Panza, capo di un corpo di Polizia.

Il Sig. Cultrera, pensando di trovarsi in un paese civile, mostra i suoi esposti, i suoi carichi pendenti con tanto di ‘Nulla’ e l’assurda informazione.I due distinti funzionari gli consigliano di rivolgersi al C.E.D. (centro elaborazione dati del Ministero degli Interni). L’avvocato Patrizia Brandi, del Foro di Bologna, denuncia il Direttore di detto centro per aver propalato notizie false e prive di fondamento.

Nel 1995 il C.E.D. dichiara di aver cancellato la notizia pregiudizievole nei confronti di Cultrera Felice, senza inoltrare alcun provvedimento disciplinare nei confronti di chi quella notizia ha diffuso. E come si potrebbe, siamo in Italia; un paese in cui fra gli omissis, i servizi segreti deviati, mani pulite e mani sporche si riesce a capire ben poco.

Andiamo adesso alle accuse sui presunti affari e fantomatici riciclaggi del Sig. Cultrera. Come già è stato detto, il ‘martire’ Cultrera ha presentato, su richiesta del signor Nicola Carlucci, attachè militare all’ambasciata italiana di Madrid, un suo curriculum vitae perché lo consegnasse ai Servizi Segreti Italiani che, dopo averlo verificato, assicurano al Sig. Cultrera che sarebbe stato lasciato in pace.

Ma come poteva essere lasciato in pace un Signor Cultrera, amico di un altro martire eccellente, Aldo Papalia, a sua volta amico di Alberto Dell’Utri, a sua volta fratello del ben più noto Marcello, amico e braccio destro di Berlusconi, che stava formando i circoli di Forza Italia in Sicilia? E questo Cultrera, che si era permesso di adoprarsi a favore di quel tricolore nascente, dopo aver detto che le confessioni dei pentiti si sarebbero dovute filmare (cosa che è stata fatta successivamente in nome della trasparenza)? Non aveva poi tanto torto, dato che proprio uno di questi pentiti aveva dichiarato falsamente che Cultrera aveva proposto al proprio padre, uomo di mafia, di costruire 5000 (cinquemila) fantomatici appartamenti a Tenerife.

Nella data dichiarata dal cosiddetto pentito, il Sig. Cultrera si trovava negli Stati Uniti, i bolli di entrata e d’uscita sul suo passaporto ne sono la prova.

E che dire di questo mai pentito, il quale asserì che il padre avrebbe dovuto dare al Sig. Cultrera duecentocinquantamilioni di lire per costruire gli appartamenti? Non sarebbero bastati neanche a fare le fotocopie dei progetti.

Per una progettazione del genere, cinque miliardi sarebbero stati appena sufficienti a saldare le parcelle di ingegneri e architetti dell’iperbolico, quanto immaginario, progetto. Ma che dire dei procuratori, che ascoltavano queste fandonie e che nell’ansiosa ricerca del colpevole non si occupavano di analizzare il contenuto di quelle baggianate prive di qualsiasi fondamento?

Se il significato della parola giustizia è «accertamento della verità contenuta nella norma», cosa si deve pensare nei riguardi degli inquirenti che, malgrado la valanga di carteggi relativi all’operazione investigativa, non sono stati capaci di accertare la verità? Fu miopia o malafede? Ci si chiede per quale fine ancora oggi, insensibili a riconoscere i loro sbagli, si accaniscano, a dispetto della verità, a lasciare su internet le accuse, assurde e infondate, risultato della loro inefficienza investigativa.

Non si può né si deve impedire alla magistratura di fare il suo lavoro, di indagare e colpire ogni forma di crimine, ma non è accettabile che le scarse risorse di cui la giustizia dispone vengano sprecate per inseguire fumosi e traballanti teoremi.

Né è accettabile che di tali storture debba pagare un cittadino senza colpa, che pur essendo stato assolto dalla Giustizia (vera) debba essere irrimediabilmente segnato, a vita, da quella ingiustizia (organizzata) che permette ancora di essere bollati sui siti con le stesse accuse infamanti dalle quali si è stati assolti.

Sì alla libertà di stampa, no alla libertà di diffamare col solo bagaglio di strampalate deduzioni superate da un’assoluzione emessa dal Tribunale di Catania.

Ma in un’Italia dove le prostitute, con tanto di registratore in borsetta, per fini estorsivi, assurgono al ruolo di eroine, per una surreale fiction politica, e dove la pubblicazione di una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Terni viene definita, per fini politici, ‘omicidio mediatico’, cosa dovrebbe dire il pluriperseguitato Cultrera, constatando che la sua assoluzione, emessa dal Tribunale di Catania, si è invece tramutata in condanna in quei siti adusi a pugnalare la verità, ingannando i lettori con delle menzogne?

Cui prodest? Avrebbe detto Cicerone. Noi non diciamo niente… ma lo lasciamo immaginare.

A proposito di tutto ciò Felice Cultrera, incurante di vuote astuzie estetiche, nel suo primo libro di poesie, “Contrabbando di luce”, ha voluto riassumere le varie fasi della sua allucinante vicenda giudiziaria con tre brevissime liriche.


Il sospetto: torvo e senza requie
ti dimeni in assurdi sinedri
di certezze infondate.
Quale orrendo arsenale
per l’immane medusa
dell’orrida accusa.

Lo Stato: Lo Stato… Lo Stato!
Invocai confuso e stralunato
con lagnanze di fuoco.
Alla fine lo Stato indaffarato,
ascoltò… sequestrandomi un poco.

L’innocenza: Fuori su tele di menzogne
cronisti sciacalli,
senza alcun riscontro,
brandivano le penne come stili.
Dentro, in sgomentata attesa
gridava l’innocenza
sconfitta e vilipesa.
 
 
 

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